90 minuti a New York per salutare Robin Williams

90 minuti a New York per salutare Robin Williams

In una serata troppo lunga per poterla passare a letto a dormire, mi ritrovo alle prese con il catalogo di Amazon Prime Video. In tutta la sua complessa scelta e scarsa funzione intuitiva di rilevamento film, mi imbatto casualmente in 90 minuti a New York. Scopro con stupore che si tratta di un commedy/drama del 2014 diretto da  Phil Alden Robinson. Il mio stupore è causato dal fatto che protagonista di questo film sia Robin Williams, uno dei miei attori preferiti.

Il film in questione è uno degli ultimi realizzati dall’attore prima della sua tragica dipartita nell’agosto dello stesso anno di produzione dell’opera. Lo guardo con attenzione con la voglia di rivedere il grande Robin ancora una volta in una storia a me del tutto inedita.

Robin Williams è Henry Altman, che si sveglia alterato, con un forte mal di testa procurato da un incidente in auto nel traffico di New York, spinto da questo malessere si reca in ospedale per un controllo. Henry viene assistito da Sharon, una nuova dottoressa in piena crisi esistenziale per suicidio del suo amato gatto. Sharon (Mila Kunis) comunica a Henry che l’uomo ha un aneurisma cerebrale. La dottoressa, confusa, non sa come comportarsi mentre il suo paziente comincia a sbraitare e a chiederle insistentemente quando tempo gli rimane, così, esasperata, risponde casualmente, e incautamente comunica ad Henry che gli restano solo novanta minuti. L’uomo entra in un limbo di perdizione, si rende conto di voler approfittare degli ultimi istanti che gli sono rimasti per rimediare agli errori commessi durante l’intera esistenza. Ha inizio cosi una forsennata corsa per le strade di Brooklyn alla ricerca della moglie Bette, del figlio Tommy con il fratello Aaron interpretato Peter Dinklage, mentre Sharon, resasi conto dell’errore commesso, si mette a sua volta alla ricerca del paziente che si è dileguato dall’ospedale.

Poteva essere effettivamente il film che avrebbe potuto omaggiare il grande attore scomparso da sei anni, con una prova memorabile delle sue capacità attoriali. A malincuore devo ammettere che questo film non ne è stato capace. Sebbene vi siano degli spunti interessanti e la trama aiuta a incuriosire lo spettatore di cosa accadrà al malcapitato Henry le mie aspettative non sono state soddisfatte.

Non stiamo parlando di un brutto film, non stiamo parlando di un capolavoro, ma probabilmente il mio parere è esclusivamente influenzato dall’enorme considerazione che io ripongo in Williams, che qui appare davvero sottotono, un po’ come in tutti i film che hanno segnato gli ultimi anni della sua carriera. Con questo non voglio assolutamente sentenziare nulla di negativo nei confronti dell’attore americano, visto che sono stato uno dei pochi a commuoversi nella sua ultima apparizione nell’ultimo film della saga Una notte al museo.

Mi fa rabbia pensare che lui non ci sia più, che non possa più deliziarci con altri film, con altre sue interpretazioni degne di nota, come lo sono state quelle di Good Morning Vietnam, L’attimo fuggente o Will Hunting, anche se per me la vera icona che rappresenta Robin era, e resterà per sempre, il personaggio di Peter Pan in Hook.

Forse noi non possiamo sapere cosa passasse nella testa dello sfortunato attore quando decise di mettere fine alla sua esistenza, ma ho come l’impressione che in questi film Williams manifestasse un suo malessere, una chiara ed evidente repressione riguardo all’essere il solito e straordinario performer capace di convincere la platea con il suo spontaneo e sincero modo di recitare.

Il film ovviamente divulga una forte morale, essendo un tema assai delicato e pieno di argomenti su cui riflettere. Dal vero valore da attribuire alla vita e a ciò che abbiamo attorno a quello che, effettivamente, si potrebbe provare in una situazione simile a quella del nostro protagonista. Situazioni non di certo fantasiose o comiche, un chiave di lettura potrebbe essere la dovuta consapevolezza di dover vivere ogni nostro giorno, momento e istante, come se fosse l’ultimo.